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Vaccinazioni, coinvolti pediatri e medici di famiglia. Ma Scotti frena

Sanità pubblica Redazione DottNet | 06/01/2021 21:11

Fnomceo, bene la decisione della Conferenza Regioni. Scotti: prima tutti i medici e i pediatri dovranno essere vaccinati

Le Regioni hanno manifestato la propria disponibilità a collaborare perché si possa fare un accordo quadro con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta "per coinvolgerli in questo importante sforzo collettivo". Lo ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, dopo l'incontro con i ministro Boccia e Speranze e il commissario Arcuri. "Significativo che i ministri Speranza e Boccia e il Commissario Arcuri abbiano manifestato gratitudine per l'impegno delle Regioni e per la dedizione encomiabile del personale sanitario impegnato in questa primissima fase".

"Ogni risorsa professionale è utile per consentire a tutti gli italiani di potersi vaccinare. È segno di saggezza, lungimiranza e di grande responsabilità da parte dei ministri Speranza e Boccia, insieme al presidente Bonaccini e al Commissario Arcuri, il coinvolgimento dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta nella seconda fase della campagna vaccinale", afferma il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, che commenta l'apertura a un accordo quadro con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta 'per coinvolgerli in questo importante sforzo collettivo'. 

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"I loro ambulatori, con le risorse professionali e strumentali - aggiungono - costituiscono una macchina ben rodata, capace di vaccinare milioni di italiani in breve tempo e 'sotto casa', senza sottoporli a spostamenti onerosi in termini di tempo e non possibili per tutti". "Ora è il momento dell'azione: il Ministro della Salute Speranza convochi il tavolo di coordinamento dei medici territoriali e, insieme con il Commissario Arcuri, predisponga il protocollo per avviare la vaccinazione sul territorio dei pazienti fragili e dei malati cronici", conclude il Presidente Fnomceo che ricorda come "il coinvolgimento dei medici debba ovviamente prevedere, come fase propedeutica, la somministrazione del vaccino ai professionisti stessi, per permettere di operare in piena sicurezza per loro e per i cittadini: il vaccino è il miglior Dpi".

"Finchè tutti i medici di famiglia ed i pediatri di libera scelta non saranno vaccinati, è impossibile che questi possano essere coinvolti come vaccinatori anti-Covid perchè ciò rappresenterebbe un rischio sia per i medici sia per i cittadini". Lo afferma all'ANSA il segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) Silvestro Scotti. "Ad oggi - rileva - in molte regioni proprio i medici di base sono invece considerati tra le ultime linee nelle priorità per l'accesso all'immunizzazione". "Naturalmente - ha spiegato Scotti, in riferimento alla disponibilità dichiarata dalle Regioni a collaborare perché si possa fare un accordo quadro con i medici di medicina generale e i pediatri per coinvolgerli nell'operazione delle vaccinazioni - diamo la nostra disponibilità, ma sulla base di ciò che viene posto sul tavolo".

Innanzitutto, evidenzia, "è fondamentale che i medici di base ed i pediatri vengano vaccinati prioritariamente, ma purtroppo così non è poichè la nostra categoria in molte Regioni non compare tra quelle prioritarie per l'accesso al vaccino. Ma come possiamo essere vaccinatori se non siamo immunizzati? il medico entrerebbe infatti in contatto in questa prima fase delle immunizzazioni con potenziali soggetti asintomatici e questo rappresenterebbe un rischio per tutti". E ciò pone un altro problema: "Dopo la vaccinazione, perchè si sviluppi l'immunità sono necessario almeno 3-4 settimane; questo significa che, una volta vaccinati, i medici di famiglia e pediatri dovrebbero comunque attendere almeno un mese prima di poter a loro volta vaccinare. Si arriverebbe così a febbraio. Probabilmente, quest'operazione andava organizzata con largo anticipo". 

Inoltre, "in vista di un coinvolgimento dei medici di base, andrebbe anche potenziato il personale degli studi medici prevedendo anche la presenza di infermieri per le vaccinazioni di massa; un aspetto, questo, solo in parte affrontato in manovra". L'aiuto che potrebbe arrivare dai circa 50mila medici di famiglia e pediatri di libera scelta "sarebbe certamente fondamentale ma - conclude Scotti - chiediamo di essere convocati al ministero della Salute e di essere inseriti nella task force organizzativa anche per decidere sulle modalità da attuare per la convocazione delle diverse categorie di pazienti".

 "Siamo disponibili a vaccinare nei nostri studi i bambini e ragazzi nostri assistiti contro il Covid quando sarà approvato un vaccino utilizzabile per questa categoria, ma nel frattempo è prioritario riorganizzare i centri vaccinali per liberare risorse", incalza il presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) Paolo Biasci. "Vanno trasferite a noi pediatri tutte le vaccinazioni ai bambini del normale calendario vaccinale per sgravare i centri e dedicarli interamente alle vaccinazioni anti-Covid degli adulti". Piena collaborazione dunque da parte dei circa 7mila pediatri di libera scelta italiani - afferma Biasci - a vaccinare i nostri assistititi, i ragazzi fino a 14-16 anni di età, quando arriverà un vaccino con tale indicazione, dal momento che quelli finora approvati non sono indicati per i bambini e ragazzi, ma non ha senso che i pediatri vaccinino gli adulti".

Piuttosto, sottolinea, "chiediamo una riorganizzazione dei centri vaccinali al fine di liberare risorse: la nostra proposta è di renderci disponibili ad eseguire nei nostri studi tutte le vaccinazioni ai bambini previste dal normale calendario vaccinale. In questo modo i centri vaccinali, che eseguono tali immunizzazioni, potranno essere sgravati e potranno essere dedicati in toto alle vaccinazioni anti-Covid degli adulti". Inoltre, conclude Biasci, "è necessario che anche i medici convenzionati siano considerati tra le categorie prioritarie per l'accesso all'immunizzazione, poichè il virus corre anche sul territorio, col quale la nostra categoria lavora ed è in prima linea, e non solo negli ospedali".

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